II Domenica di Pasqua

Dal Vangelo SECONDO Giovanni (20,19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo».

Gesù è al centro ! Il sepolcro di Gesù è aperto, la casa dei discepoli è sprangata! Il cenacolo, da luogo del pane spezzato, della lavanda dei piedi, della condivisione, diventa una tomba.  È un cuore confuso e fragile quello dei discepoli… il vangelo scrive che si trovavano, come a sottolineare che la loro condizione non era quella dello stare insieme, che non erano in comunione. In questa situazione Gesù visita i suoi e il fatto che lo abbiano rinnegato, abbandonato e tradito, non è un ostacolo per Gesù ad amarli ancora. Si è legato a loro non perché li sapeva i migliori, i più forti… anzi li ha scoperti sempre più deboli e fragili, bisognosi di lui.  Gesù entra e il trovarsi dei discepoli acquista una dimensione comunitaria, con Gesù al centro. Chiede ai discepoli di fargli spazio. Se non c’è lui, al centro finiscono i miei  guai, lamenti, paure, me stesso. Invece al centro c’è il Signore che: ci viene incontro, ci raduna, ci mostra le ferite, ci dona la sua vita e ci dona il suo Spirito. Il vangelo di oggi ci appare decisamente meno trionfante perché ci parla di avvicinamenti, resistenze, paure, pause… il vangelo di oggi ci parla di un Dio ferito, ferito per l’eternità… non il Dio di una gloria sempre vincente, no! Gesù ci rivela il volto di un Dio delle ferite e in quelle ferite ci invita a riconoscerlo. Insieme a Tommaso, che in quel primo giorno non aveva voluto sperimentare la comunione con i suoi fratelli, siamo invitati a toccare con mano il Risorto nella condivisione, nel perdono, per tutte quelle volte che non abbiamo creduto, che non ci siamo fidati; siamo chiamati a toccare con mano il Risorto nella sua Parola, in quel Vangelo nel quale sono stati scritti i segni delle ferite, segni,  più eloquenti di qualsiasi miracolo o apparizione.

Don Marco