Dal Vangelo Secondo Luca 13, 1-9
In quel tempo , diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
FATE FRUTTI DEGNI DI CONVERSIONE.
L
a parabola dell’albero di fico sterile è collegata direttamente alla figura di Gesù. Ne sono una chiara testimonianza i tre anni a cui fa riferimento il testo e che rappresentano i tre anni di ministero pubblico di Gesù. Il padrone del campo avrebbe pensato – se così ci si può esprimere – di tagliare il fico che non da frutto, ma il vignaiolo – colui che realmente era a contatto quotidianamente con la terra – “intercede” a favore di una proroga per il fico. Qui il padrone rappresenta il Padre, il vignaiolo il Figlio, Gesù, e l’albero di fico che non da frutto è l’uomo che non ha convertito il proprio cuore all’Amore di Dio. Il vignaiolo continuerà a lavorare il terreno (il cuore dell’uomo) perché possa dare il nutrimento alla pianta affinché possa portare frutti. Gesù mostra qui la misericordia del Padre, e di come egli sia sempre aperto alla speranza verso la propria creatura. La parabola contiene due messaggi: da un lato il padrone che, non trovando frutti sull’albero, dice al contadino di tagliarlo; dall’altro, lo stesso padrone, dopo avere ascoltato il vignaiolo, rinvia la decisione nella speranza che il lavoro del contadino renda, finalmente, fertile il fico. Il centro della parabola è caratterizzato dalla consapevolezza che ci deve spingere a ripensare il nostro modo di vivere, occorre un ripensamento globale, un cambiamento della nostra vita che vada alla radice delle nostre azioni e decisioni. Camminiamo insieme? Il cammino sinodale ci invita a dialogare e a costruire insieme una chiesa più vicina alle esigenze e ai dubbi di tutti, attraverso la nostra vitalità, vivacità ed entusiasmo. Questa allora la nostra conversione, l’inversione di rotta: imparare ad essere capaci di fare il bene, aperti al confronto, pronti a volgere lo sguardo verso chi si trova in condizione di sofferenza e di disagio. In questo modo cominceremo a portare davvero frutto e il terreno in cui siamo radicati (la nostra comunità) diventerà fertile e con con alberi carichi di frutti.
Don Marco