XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

Dal Vangelo di Luca 10, 25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fà questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?».

CHI E’ IL MIO PROSSIMO ?

I

l Vangelo di questa domenica ci parla di un uomo che è incappato nei briganti: giace li, per terra, mezzo morto, dopo essere stato pestato e spogliato. Si trova in una posizione scomoda, eppure è proprio quella la posizione migliore per risolvere la questione posta dal maestro della legge: «Chi è il mio prossimo?» Bella domanda, quando ci si trova sani e al sicuro. L’interrogativo, però, assume tutt’altro tono quando ci troviamo in difficoltà, nel disagio o addirittura in pericolo di vita. In questi casi non facciamo distinzioni: chiunque ci dia una mano, ci risolve un problema, noi lo riconosciamo volentieri come il nostro prossimo. Non è casuale che proprio le persone che hanno conosciuto momenti di prova, giorni di malattia e di infermità, abbiano fatto qualcosa per i più poveri e abbandonati. Padre Henri Bissonier esperto nella catechesi ai portatori di handicap, da giovane prete ha passato anni in sanatorio a causa della tubercolosi. Proprio perché ha provato nella sua carne la solitudine e i timori, i momenti di sconforto di una persona malata si è accorto di chi ha un “peso” da portare per tutta l’esistenza. Non è un caso che anche gli immigrati che hanno provato sulla pro-pria pelle cosa significhi la discriminazione nei confronti dello straniero, trattino con una certa sensibilità gli altri che vivono la stessa situazione. Questa esperienza di vita e la sensibilità verso gli altri appartiene anche al buon samaritano il quale ha dimostrato di amare con i fatti e non con le parole a differenza del sacerdote e il levita che hanno tirato diritto perché si sono detti: cosa ci può capitare se ci fermiamo? Lui, invece il samaritano, ha ragionato in modo diverso: cosa può capitare a quell’ uomo, se IO non lo soccorro? Gesù ribalta la prospettiva della prossimità: il prossimo non è l’atro, ma sono IO che devo farmi prossimo, soprattutto a chi è in condizione di disagio e sofferenza. Farsi prossimo significa prendersi cura dell’altro con amore… soltanto con amore.

Don Nicola