Dal Vangelo Secondo Luca 3, 10-18
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
DECIDERSI AD AGIRE
Il vangelo di oggi ci porta sulle rive del Giordano e ci presenta Giovanni impegnato nell’atto di battezzare e di rispondere alle domande della folla, dei pubblicani e dei soldati: «Che cosa dobbiamo fare?». Ciò che unifica le tre categorie è la domanda. Giovanni assomiglia alla sentinella che nella notte intravede il sorgere dell’alba messianica e si rivolge a chi lo interpella dicendo. “Se volete domandare, domandate, convertitevi, venite” (Is 21,12). Qui folle, soldati e pubblicani vengono, domandano e sono invitati a conversione con richieste precise. La conversione può iniziare con il coraggio di una domanda. O, almeno, di ciò che una domanda significa. Riconoscendo, cioè, di avere una carenza e riconoscendolo davanti a un altro a cui ci si rimette e da cui si attende una parola, un’indicazione di via. La conversione inizia con la presa di coscienza della propria condizione reale, che è condizione di distanza rispetto alle esigenze evangeliche. La risposta (e cuore del messaggio evangelico di questa settimana) è la richiesta di conversione e questa decisione, questa scelta, coincide con il perdono e il cambiamento della vita. E noi che crediamo nella vita eterna e con il nostro comportamento speriamo un giorno di godere le gioie del Paradiso, siamo pronti a cambiare rotta? La nostra speranza di salvezza è in questo stesso cambiamento e il cristiano che ha conosciuto la speranza ha il compito, poi, di donarla a sua volta “senza fare calcoli”, “con semplicità”. La speranza si fonda sulla certezza che Dio mantiene le sue promesse in ordine alla salvezza. Per mezzo della speranza il credente aspira alla visione beatifica di Dio e si affida alla Sua bontà. La speranza ci invita a non darci per vinti, a non rinunciare, ad accettare ciò che oggi è reale, ma non in maniera passiva: a trasformarlo, a dargli vita e respiro, specie quando ci sembra tutto perduto. Quando nel presente conosciamo le nostre delusioni, le nostre amarezze, la nostra sfiducia, il “non c’è più niente da fare”, “le cose non cambieranno mai”. Quando avvertiamo la fatica di portare avanti la quotidianità, stanchi di rischiare in prima persona in un mondo dove sembrano prevalere sempre le leggi del più furbo e del più forte.
(Dal Sussidio dell‘Avvento, pagg. 19)